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FERTILIZZANTI
16.12.2025 - 11:36
Dopo il primo annuncio, contenuto nel “Piano nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria” presentato pochi mesi fa, arriva la bozza di decreto ministeriale che regolamenta l’utilizzo dell’urea, il fertilizzante azotato più diffuso nel settore agricolo.
E non ci sono novità positive: confermato infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2028, il divieto di utilizzo in tutto il bacino padano, con le regioni del Piemonte, del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna che dunque non potranno più contare su questo prezioso supporto colturale.
«La competitività delle nostre aziende è a forte rischio – spiega il presidente di Confagricoltura Mantova, Alberto Cortesi – e quel che è peggio è che le alternative proposte presentano numerose criticità, legate ai costi, all’efficacia in campo e alla disponibilità. Grazie al lavoro sindacale della nostra Organizzazione, unica finora ad esprimersi sul tema, abbiamo già ottenuto il rinvio al 2028. Non ci fermeremo certo qui, la battaglia continua».
La bozza di decreto ministeriale infatti propone principi attivi sostitutivi, quali l’urea con inibitori, i fertilizzanti a lento rilascio o i prodotti organici, ma le perplessità sono notevoli: «Dal punto di vista economico – prosegue Cortesi – l’urea è il fertilizzante più utilizzato proprio per il suo ottimo rapporto costo-efficacia. Le alternative abbozzate potrebbero invece comportare un aumento dei costi di produzione, che non tutte le aziende saranno in grado di sostenere». Si parla anche dell’utilizzo del digestato, dimenticando però che «questo richiederebbe investimenti in macchinari e formazione, e nella bozza non sono presenti piani di accompagnamento tecnico».
Altro punto critico è quello legato alla disponibilità e all’efficacia delle alternative proposte: «Non tutte le soluzioni – aggiunge Cortesi – sono facilmente reperibili sul mercato, e la loro applicazione in campo non garantirebbe gli stessi risultati dell’urea, soprattutto per colture come riso e mais, ad alto fabbisogno di azoto».
In ultimo, non certo per importanza, il forte squilibrio che si verrebbe a creare tra le regioni padane, dove l’urea sarebbe vietata, e il resto del Paese e della Ue: «A conti fatti, ad essere penalizzate maggiormente sarebbero le aziende agricole con maggiore produttività, la cui competitività, lo ribadisco, verrebbe messa a durissima prova. Il tutto per un adempimento che, se confermato, non darebbe peraltro garanzie in termini di riduzione delle emissioni».
Le proposte messe in campo da Confagricoltura sono chiare: periodo transitorio più lungo, per dare alle aziende più tempo per adattarsi; possibilità di inserire (in alternativa al divieto) l’obbligo di interramento dell’urea; incentivi immediati e mirati; piano di formazione e assistenza tecnica; clausola di revisione biennale delle misure adottate; tavolo tecnico permanente; maggiore chiarezza sulle zone soggette al divieto; sostegno a ricerca e sviluppo.
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