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CEREALICOLTURA
25.10.2024 - 17:02
Uno scarto che all’incirca si attesta sui 380 euro per ettaro. È questo il divario tra i costi di produzione e il dato relativo alla produzione lorda vendibile, che di fatto garantisce poi i ricavi a fine campagna, per quanto riguarda il mais, in questo 2024.
Il valore più alto compare alla voce costi di produzione, e la conclusione balza rapidamente all’occhio: coltivare mais oggi è un affare in perdita. L’ufficio tecnico di Confagricoltura Mantova, elaborando dati dell’Università di Agraria di Torino, ha stimato in un +6% l’aumento del costo produttivo del del mais da granella dal 2022 al 2024, lievitato da 2.840 euro/ha a 3.020 euro/ha. Oggi dunque un produttore di mais da granella della pianura padana, ai pezzi rilevati dal mercato granario di questi giorni, risulta abbia lavorato in perdita, considerando che la produzione lorda vendibile si attesta sui 2.640 euro per ettaro.
«Da queste considerazioni, che possono essere estese anche ai settori dei cereali autunno-vernini e alla soia – analizza Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – emerge che i nostri cerealicoltori non paiono più intenzionati a seminare e produrre in perdita per il prossimo anno, considerando che andrebbero ad intaccare l’introito degli aiuti diretti della Pac, già sensibilmente ridotti rispetto alla riforma precedente. Siamo ad un punto di non ritorno, occorre prendere provvedimenti seri».
Sono numerose dunque le proposte che Confagricoltura Mantova avanzerà, sia a livello regionale che ministeriale. In primis la deroga, per la campagna 2025, alla BCAA7 relativa agli obblighi di rotazione che, visto il maltempo perdurante, difficilmente potranno essere rispettati. E poi, sempre legati all’andamento climatico, ristori immediati, così come accordato per la grave siccità del 2022, per i mancati redditi subiti nel corso di quest’anno a causa delle piogge straordinarie e l’aumento del plafond ministeriale per i contratti di filiera.
In ultimo, ma non certo per importanza, le nuove tecnologie: «Mentre il resto del mondo avanza, noi rischiamo di rimanere al palo. In Italia siamo ancora vittime dell’oscurantismo demagogico di certi ambienti culturali, che di fatto impedisce lo sviluppo tecnologico del settore primario a scapito dell’esistenza dello stesso settore».
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