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ZOOTECNIA
13.11.2025 - 13:42
«Quello dei ristalli è un problema che ci portiamo avanti da anni e che recentemente si è aggravato. Le soluzioni non sono facili né rapide, ma devono passare necessariamente da un adeguamento dei prezzi riconosciuti dai macellatori agli allevatori e – nel medio e lungo periodo – dall’impegno su una filiera italiana». È l’opinione di Marco Negrisoli, Presidente della Sezione Bovini di Confagricoltura Mantova, sull’andamento del comparto dell’allevamento di bovini da carne nella provincia di Mantova e sulle criticità del settore.
Settore che per l’80% dipende ancora dalla Francia, da cui proviene la stragrande maggioranza dei vitelli da ingrasso. Proprio la Francia, però, sta vivendo una profonda crisi della zootecnia da carne, a causa del progressivo abbandono del settore e del mancato ricambio generazionale. Inoltre, per l’allevamento francese si è aperto il mercato dei Paesi del Nord Africa. Fenomeni, quelli Oltralpe, che si riflettono sui costi: «Fino a inizio 2024 pagavamo un vitello da ingrasso francese 4 euro al kg, oggi siamo a 7 euro. Il prezzo riconosciuto all’allevatore dal macellatore, invece, è aumentato leggermente, ma non abbastanza da compensare un incremento dei costi così massiccio e da consentire, quindi, a noi allevatori di pianificare la nostra attività in modo solido e fiducioso», spiega Negrisoli.
Gli allevatori italiani e mantovani, quindi, insieme a tutta la filiera sono chiamati a trovare un’alternativa in grado di sostenere il settore che vive – per paradosso – un momento positivo dal punto di vista della domanda, in netta ripresa rispetto all’ultimo decennio.
«Attualmente la carne italiana copre solo il 45% del fabbisogno nazionale. L’obiettivo comune dovrebbe essere raggiungere più autoproduzione possibile, mantenendo i nostri standard di qualità, sicurezza e attenzione al benessere animale, che sono una garanzia per il consumatore - aggiunge il Presidente della Sezione Bovini di Confagricoltura Mantova – Per farlo serve che gli allevatori italiani non abbandonino il settore. Ogni stalla chiusa, infatti, è una stalla chiusa per sempre. Realisticamente, l’unico aspetto su cui si possa agire oggi è quello dei prezzi riconosciuti all’allevatore. Ma serve che tutta la filiera sia sensibile: i macellatori devono fare un passo avanti».
Guardando in prospettiva, poi, c’è bisogno di lavorare a una filiera interamente italiana, che ci renda indipendenti dalle oscillazioni del comparto francese. «È un percorso lungo e non facile. – ammette Negrisoli – Gli ostacoli sono molteplici. La linea vacca-vitello presenta i suoi limiti perché le vacche da latte non sono geneticamente strutturate come quelle da carne. La più grande filiera italiana, quella sarda, invece è attualmente in difficoltà perché bloccata dalla dermatite bovina. La strada da percorrere nell’immediato per evitare che gli allevatori di bovini da carne italiani abbandonino questa professione resta, quindi, principalmente quella dell’adeguamento dei prezzi al macello».
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