 |
23 Febbraio 2023

Da una delle ultime sedute del Consiglio Regionale lombardo, per grande merito dell’assessore all’Agricoltura uscente Fabio Rolfi, arriva una vera e propria svolta nell’ambito dell’innovazione in ambito agricolo.
Con la delibera XI/7526 infatti, la giunta di Regione Lombardia ha per la prima volta aperto alla sperimentazione in campo delle nuove tecniche genomiche (Ngt), o new breeding techniques (Nbt). Si tratta di un qualcosa di unico sul panorama nazionale, dato che mai prima d’ora si era arrivati a questo tipo di apertura.
Nel documento si legge che “la ricerca e la sperimentazione in pieno campo costituiscono uno strumento fondamentale per indagare tutti gli aspetti correlati all’utilizzo delle Ngt” e che Regione Lombardia, essendo la più importante area agricola del paese, “evidenzia la capacità e volontà di dotarsi delle più innovative tecnologie che contribuiscono in maniera sostanziale al raggiungimento degli obiettivi produttivi, ambientali, sociali ed economici delineati dalle strategie Green Deal e Farm to Fork”.
In concreto, la delibera stabilisce una serie di azioni da mettere in campo, a partire dall’individuazione di siti adatti fino ad arrivare alla costituzione di una rete regionale di potenziali aree atte alla sperimentazione in campo, sotto la guida di Ersaf. Successivamente è previsto anche un dialogo con il Masaf per capire l’andamento della sperimentazione.
Erroneamente demonizzate per anni, le Nbt rappresentano un’opportunità dal potenziale ancora largamente inesplorato. Con “new breeding techniques” si intendono due processi, il “genome editing”, che consente di indurre mutazioni predeterminate nei geni di una pianta, e la “cisgenesi”, cioè la possibilità di trasferire un preciso gene da una pianta a un’altra della stessa specie: «Questi processi non devono spaventare – spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – perché non stiamo parlando dei vecchi Ogm, che contemplavano la presenza di geni di organismi anche molto diversi tra loro, ma di una tecnica che induce mutazioni del tutto simili a quelle naturali».
E i vantaggi pratici sarebbero molteplici: «Pensiamo ad esempio alla vite – prosegue Cortesi – da sempre suscettibile alle malattie. Con le Nbt si potrebbe prelevare il gene che conferisce la resistenza alla peronospora dai vitigni selvatici, e inserirlo in quelli tradizionali, creando così piante resistenti con caratteristiche qualitative e organolettiche intatte». Ma si pensi poi al mais, da sempre assai bisognoso di acqua, e in sofferenza a causa della recente siccità. Creare ibridi che necessitino di minor impatto idrico farebbe la differenza.
«Siamo di fronte a una svolta importantissima, che mi auguro possa proseguire in maniera sempre più concreta. L’agricoltura ha bisogno di innovazione, e le Nbt sono la strada migliore da seguire».

|
 |